Le origini/Tra storia e leggenda

Un sigaro di fama nato per caso

La storia del sigaro toscano affonda le radici in un caldo agosto fiorentino.

E’ il 1815 e d’improvviso il cielo si copre di nuvoloni neri che in poco tempo investono la città con un acquazzone.

Nel cortile di una Manifattura Tabacchi, probabilmente quella nell’ex convento di Santa Caterina delle ruote, c’è una grande quantità di foglie di tabacco che sono state legate a mazzi e ben pressate, senza però coprirle, così s’inzuppano d’acqua.

Si pensa che basti qualche giornata di sole per farle asciugare e invece cominciano a fermentare. Un disastro.

Il responsabile tecnico delle Manifatture per non far arrabbiare il Granduca Ferdinando sceglie di non buttare via quella massa puzzolente di tabacco. Dice di farla asciugare  senza esporla al sole  e poi confezionarci ugualmente  sigari, anche brutti, da vendere a basso prezzo fra la gente del popolo.

L’idea è buona perché vanno a ruba.

Non solo perché costano poco ma perché piacciono tantissimo con quel sapore intenso e maschio rispetto ai sigari normali.

Nel 1818 la Manifattura granducale li mette regolarmente in vendita ed ha inizio la loro fortuna.

Prediletti dalle classi più umili sono stati per decenni la prima colazione dei contadini, dei barrocciai, degli spaccapietre, dei muratori, dei facchini.

Lucca assapora il tabacco nel 1645, come documentano le tariffe daziarie.

Qui i primi sigari vengono confezionati fra il 1820 ed il 1821, in forte ritardo su Firenze, anche se sono già arrivati qualche anno prima, incontrando il largo favore soprattutto dei contadini che ancora per poco si sarebbero rifiutati di considerarsi toscani,  ma intanto si convertono al Toscano.

Fin dagli inizi dell’Ottocento tutta l’industria del tabacco è concentrata nel complesso della Cittadella all’interno delle Mura.

I primi anni del nuovo secolo sono quelli delle lotte di classe. Negli anni trenta tutta la Manifattura si trasferisce a Lucca.

La memoria è custodita in un libro nel quale l’ex dipendente Paolo Folcarelli ha raccolto i suoi  studi ventennali.

Al. Pet.  (da Il Sole 24 Ore del 22 novembre 2006)